Dall'Isola a San Miniato nel ricordo e nelle illustrazioni di Sauro Mori

 
NOTA INTRODUTTIVA DELL’AUTORE SAURO MORI
Fin da ragazzo sono stato attratto da tutte le forme espressive cosicché, oltre che a dipingere e ad ascoltare musica, ho provato piacere anche a scrivere.
Ricordo le prime pagine buttate giù da adolescente, quasi di nascosto e delle quali ho provato ben presto un’ingiustificata vergogna, al punto tale di arrivare a strapparle.
Ho continuato però a scrivere, non credo per diletto, ma per necessità; infatti, prima di prendere la penna, sento che nel mio animo si addensano nubi cariche di sentimenti e di umori, che si scaricano poi necessariamente in un temporale. Le parole scrosciano sul foglio in maniera immediata, spontanea, rapida, confusa e disordinata.
Col passare degli anni mi sono accorto di aver raccolto una certa quantità di materiale, per cui mi son detto: - "Che farne? Gettarlo mi dispiace e lasciarlo chiuso in un cassetto non ha senso" - . Ho concluso quindi di tentare una pubblicazioncella, temeraria per un verso, senza pretese per un altro.

PRESENTAZIONE DI SAURO MORI 
Sono nato il 10 maggio del 1946 a Isola, in una casetta vicina al fiume Elsa.
Mio padre, sposatosi alla fine della seconda guerra mondiale, abitava già lì coi suoi genitori e lavorava come sarto a San Miniato.
Sono nato in casa con l’aiuto della levatrice, secondo l’uso del tempo e mi è stato detto che, appena nato, sono stato messo fuori dalla finestra per essere mostrato ai parenti che attendevano nella strada. Ero piuttosto grosso e sembra che le prime parole usate per definirmi siano state: - <<E’ nato un barrocciaio!>>.
Sono stato battezzato nella chiesa parrocchiale e Don Aldo Stacchini, che pare si dilettasse a dipingere - come ho saputo più tardi – mi mise il sale sulle labbra. Ho ricevuto il nome di Sauro Antonio in ricordo del nonno paterno, nato il 10 maggio 1846, precisamente cento anni prima di me.
A quaranta giorni di vita presi una brutta tosse, la cosiddetta “canina” e, poiché smisi di succhiare il latte, rischiai di morire. Ebbi la fortuna di essere curato dal Professor Fiore, che villeggiava a S. Miniato e che si rese conto della grave situazione. Guarii grazie ad iniezioni del sangue di mia madre, che aveva avuto la medesima malattia e che mi fornì gli anticorpi utili a vincere la tosse.
Pian piano ripresi appetito e colorito.
Sarei potuto diventare un angioletto; invece dovevo continuare a vivere.