La vita è bella, la vita del prete è più bella di don Livio Costagli



Alla prima lettura questa autobiografia appare come una fedele cronistoria, quasi stenografica, della vita di un prete con la meticolosa registrazione di date e di avvenimenti pastorali. In realtà si tratta di un viaggio dello spirito; un viaggio che conduce ad un vissuto di continua scoperta della divina presenza, che nulla lascia d’intentato e nulla al caso abbandona e con perseveranza tutto trasforma e rianima a testimonianza della sua Provvidenza.
“E’ solo con il cuore che si può vedere nel modo giusto” (Antoine De Saint-Expery), e queste pagine rivelano il canto di un cuore illuminato da cui traluce quella serena e mistica saggezza, che sa cogliere il significato salvifico delle vicissitudini di un’esistenza umana.
Il richiamo alla memoria si intreccia con la serena immagine dell’infanzia; il primo sbocciare della vocazione e “la mia ordinazione sacerdotale, fu lo sentii, può scrivere don Livio, il grande segreto per cui ero nato” e poi il sentimento d’unione con coloro che ti hanno messo al mondo, cullato, guidato. E rivedere come in uno specchio, il paese natio; le tradizioni, le chiese.
E la struggente nostalgia nella memoria dei luoghi familiari della missione parrocchiale; i ripensamenti, l’eco delle voci amiche, delle campane a festa.
Sullo sfondo si intuisce la rappresentazione nell’intimo dell’Assemblea Cristiana: questi uomini, queste donne, questi giovani, venuti da tutte le strade, da tutte le case! Essi rappresentano l’umanità. E in mezzo a loro, uno solo si fa avanti, uno solo sale all’altare. Le anime lo assediano. La sua vita è piena per ciascuna.
E quest’uomo, il sacerdote, che purifica l’universo nel sangue di Cristo e lo rende gradito agli occhi del Padre, è un ministro d’unità e di pace.
Il prete è una sorgente di meraviglia, per cui monsignor Livio esprime la lucida consapevolezza che i due aspetti più caratteristici della carità divina nel cuore di un sacerdote sono la gratitudine e la misericordia.
Due aspetti essenziali del bilancio di una lunga vita sacerdotale, vissuta nella certezza che Qualcuno si è aggiunto a lui e questa persona misteriosa lo lavora incessantemente, tanto da “potere tutto in Colui che lo fortifica”.
“Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti” (Salmo 83, 2-3).
Le memorie del Proposto sono traboccantidi un profondo anelito a Dio e della gioia grande che non è l’esaltare in se stessi, ma nel Dio che dà la vita.
La mia vita di ministro di Dio, che mi ha chiamato per amore, sembra dire, è bella e piena d’incanto ed è stata condotta con la testimonianza resa a tutte le anime che vivere è camminare alla luce di un Dio fatto uomo, il cui volto è Pace, la cui Parola è Vita, il cui amore è gioia.
La bellezza dell’essere sacerdote infatti pervade tutte le pagine di questo libro, divenendo il valore unificante di tutte le vicende di un lungo e fruttuoso ministero.
In altre parole la vocazione come sacrificio gioioso e come convincimento che la missione della Chiesa è precisamente di ritrovare “la fonte delle gioie perdute” (Bernanos)
Il valore più alto che toglie il prete dalla sua solitudine e gli dona l’ebbrezza gioiosa di un’amicizia divina.
E affidando l’onore di stendere la prefazione alle sue memorie all’ex scolaro, non parla di morte ma di attesa fiduciosa della risurrezione finale laggiù in quel camposanto di Santa Croce sull’Arno dove riposano tante anime da lui curate.
Mi viene allora di ripensare ad una celebre pagine di Dostoevskj: “Senza dubbio risorgeranno, senza dubbio ci rivedremo e con gioia, con allegrezza ci racconteremo allora tutto ciò che è stato. Ah come sarà bello!” (Fratelli Karamazov)
Penso che a don Livio si possono applicare le parole pronunciate da Pio XII: “… animato dallo spirito del Cristo, spinto dal suo amore, cercando e non cercando che Lui e la sua gloria, l’accrescimento del suo Regno e la salvezza di fratelli e sorelle, sia nella Chiesa, sia fuori di lei… disposto a quell’impegno totale, incondizionato, disinteressato, senza il quale non si farà niente di grande e di decisivo”.
Don Ferdinando Santonocito