“È successo un fatto strano / nel paese di Orentano. / Con
badili e con arnesi / una squadra di lucchesi / incomincia il suo lavoro / alla
cerca di un tesoro: / il tesoro dell’Orcino, / il famoso malandrino”;… proprio
così: era il 3 marzo 1959 quando a Orentano, sotto gli occhi perplessi e
curiosi della gente, si scavò una grossa buca quadrata nel bel mezzo della
strada provinciale.
Il responsabile dello scavo, certo Giulio Ramacciotti,
agricoltore di Lunata, in seguito al continuo incalzare delle domande fu
costretto ad ammettere che effettivamente stava cercando quel famoso tesoro, di
cui da oltre un secolo si favoleggiava l’esistenza: uno scrigno pieno di
gioielli e di monete d’oro.
Il contesto storico in cui visse
Raffaello Picchi, soprannominato l’Orcino, è la Toscana della prima
Restaurazione: il Granducato presentava ancora fremiti napoleonici, con
l’arrivo dei Napoletani di Murat e con la seconda fuga e il conseguente nuovo
ritorno del granduca Ferdinando III; le forze di polizia venivano quindi
costantemente allertate per controllare la situazione politica interna
sorvegliando in particolare gli stranieri francesi.
Il fascino, il mistero, la
leggenda e quasi il “mito” di un personaggio che, fra Altopascio, il Marginone,
la Chiesina, Pescia e le Cerbaie, condusse un’intera esistenza in conflitto con
la giustizia.
In effetti, il tesoro che l’Orcino ci ha lasciato, non dobbiamo cercarlo
sottoterra bensì nei doviziosi scaffali degli archivi toscani: l’incorreggibile
bandito non ha fatto ancora vedere ai posteri il luccichio dell’oro e delle
monete che forse nascose (o forse no), ma con le proprie vicende e le proprie
parole, riportate dalle antiche carte, ci ha permesso di recuperare dettagli,
fatti, personaggi “di una varia umanità”, di un’epoca reale e vissuta in maniera
diretta ed immediata.Autori: Sergio Nelli e Savino Ruglioni
Pagine 224 - Euro 10